• venerdì , 22 Novembre 2024
UN’UNIONE POLITICA CONTRO L’INSTABILITÀ

UN’UNIONE POLITICA CONTRO L’INSTABILITÀ

di Giuliano Zoppis

Sta per chiudersi una delle peggiori settimane per i mercati finanziari mondiali e un vero e proprio calvario per quello italiano. I fatti di queste settimane ci dicono che la situazione internazionale, oramai dominata dalla instabilità di tutti i fattori, farà sì che la volatilità si affermerà quasi certamente come una tendenza di lungo periodo. Crescono le incertezze sulle prospettive di crescita mondiale, soprattutto a causa dell’intervenuta debolezza dell’economia cinese, punti di riferimento sicuri come le banche centrale cominciano a non essere più tali, traballano settori trainanti della fiducia dei cittadini come le banche. In questo contesto di insicurezza qualsiasi fibrillazione, voce, notizia rende i mercati insicuri, attaccabili da una speculazione sparviera. Viene completamente meno la tranquillità, quella che in tempi ordinari fa investire il cassettista, figura in via di estinzione a vantaggio dell’investitore di giornata. Anche gli assurdi rimbalzi visti in settimana confermano questa tendenza. E anche le parole del capo della Fed, Yanet Ellen, caricano negativamente il quadro complessivo, puntate come sono sulle incognite della congiuntura cinese, traino di questi ultimi due anni, e sulle prospettive di una crescita pesantemente condizionata da un contesto di bassa inflazione. Le banche appaiono quelle più in difficoltà.
Appesantite da una lunga fase di recessione (ma è mai finita?) che ha fatto esplodere i crediti in sofferenza, danneggiate dalla normativa del bail-in che taglia nella considerazione dei risparmiatori la fiducia a causa della scomparsa del sostegno statale, devono affrontare ora una fase preoccupante. E a livello Paese si notano crepe pesanti nei conti come avviene in Germania dove banche, una volta indicate a modello, sono in grave difficoltà a causa della qualità dei loro crediti sbilanciati verso titoli tossici, investimenti condizionati dal prezzo delle materie prime, aiuti pubblici che vengono definitivamente meno. Se a tutto ciò aggiungiamo altre “cosette”, come il crollo delle quotazioni del greggio, ormai senza ritorno, una minaccia ormai concreta di deflazione, la crisi geopolitica del Medio Oriente, le instabilità politica ed economiche europee (vedi alla voce Grecia, Spagna, Irlanda), il referendum Inglese alle porte sulla permanenza nella UE, la cosiddetta Brexit, c’è poco da essere ottimisti. Gli sforzi mai troppo lodati della Bce di Mario Draghi non riescono a reggere un urto così terribile di fattori tutti negativi. Adesso si parla addirittura di una figura che coordini come super ministro le finanze del Continente, perpetuando lo storico errore di concentrare il progetto di unione continentale tutto sulla economia e sulla finanza. Sembra invece, finalmente, il momento che la politica si riappropri di un ruolo propulsivo, devoluto in modo totale alle banche centrali. E serve che l’Europa acceleri con decisione e coraggio verso questo processo di Unione politica che, nel rispetto dei diversi pesi e ruoli, detti alle tecnocrazie un indirizzo in grado di garantire coesione alle politiche di bilancio e favorire la crescita. Con un approccio più complessivo e meno arido di quello imposto da parametri e vincoli monetari.

Fonte: Italpress del 12 /2/2016

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